Cloud transformation in Italia: scopri trend e stato di adozione
Cloud transformation in Italia: scopri trend e stato di adozione

Cloud transformation in Italia: scopri trend e stato di adozione

Autore: 4wardPRO

Le aziende italiane stanno scommettendo sul cloud come chiave di cambiamento e trasformazione. I dati confermano, anno dopo anno, una crescita costante in termini di spesa: nel 2022, secondo le indagini del dodicesimo Osservatorio Cloud Transformation, il mercato italiano del cloud è cresciuto del 18% rispetto al 2021 (alla crescita organica del 15% si associa anche una restante quota legata ai rialzi dei prezzi entro l’anno). 

Le sfide, tuttavia, non mancano quando si tratta di valorizzare questo digital enabler, che si contraddistingue per la sua versatilità al servizio di diverse tipologie di progetti di digitalizzazione. Le aziende che decidono di passare al Cloud accettano un cambiamento che non è solo tecnologico, ma anche culturale: devono scegliere i provider per le soluzioni, decidere se sviluppare eventualmente competenze interne e, in generale, non limitarsi a selezionare una singola tecnologia sul breve termine, ma ragionare sul lungo periodo. Come in altri ambiti, seguire i numeri, quelli più recenti, è fondamentale per capire il percorso finora delineato e gli sviluppi futuri.

 

Cloud transformation: i dati di mercato 

Secondo i dati dell’Osservatorio, il mercato italiano del cloud nel 2022 si è attestato sui 4,5 miliardi di euro e, nel 2021, valeva 3,84 miliardi di euro. Continuano a crescere i servizi Platform-as-a-Service (PaaS) che raggiungono i 531 milioni di euro, in continuità con una tendenza che era già in corso.  

Superano il miliardo di euro i servizi Infrastructure as a Service (+27%, 1,15 miliardi di euro di euro) e continua a crescere anche il mondo dei Software-as-a-Service (+14%, 1,27 miliardi di euro): il totale, quindi, della spesa per il Public e Hybrid cloud vale circa 2,95 miliardi di euro. Raggiunge quota 933 milioni di euro il Virtual & Hosted private cloud mentre la Data center automation vale 680 milioni di euro. 

La crescita costante è confermata dai numeri. Il mercato valeva 2,34 miliardi nel 2018; 2,77 miliardi nel 2019; 3,32 miliardi nel 2020, annata che vedeva in particolare un incremento del 28% della spesa per public e hybrid cloud. Rilevanti, però, sono anche le dinamiche qualitative, con le piccole e medie imprese che stanno puntando sempre più sul cloud: il 52% adotta almeno una tipologia di servizio cloud-based e la spesa cresce, fino a 351 milioni di euro. Nel 44% dei casi, le grandi aziende continuano a impiegare il cloud come modalità di erogazione del parco applicativo: un dato non nuovo, che conferma un bilanciamento ormai quasi paritario con l’erogazione on-premise. 

 

Cloud transformation: via a sfide più complesse 

La pandemia ha rappresentato un fattore di accelerazione ma, nel contesto emergenziale, i servizi cloud avevano garantito soprattutto la collaborazione tra dipendenti e la continuità operativa (e in generale il mantenimento di elevati livelli di produttività). Meno rilevante, invece, il focus su strategie per aumentare la competitività 

Il mercato 2020 testimoniava che, per molte aziende, e in particolare le più piccole, il viaggio di adozione si concentrava ancora sui primi stadi con l’adozione di servizi SaaS da integrare con l’esistente. Quindi “migravano” sul cloud le applicazioni con un impatto sul business meno rilevante. Non a caso, si assisteva a una decelerazione nella spesa IaaS e della spesa PaaS rispetto al 2019. Messa alle spalle la fase dell’emergenza, che ha comunque visto anche le realtà più scettiche adeguarsi e intraprendere iniziative cloud, è possibile avanzare verso altri obiettivi. 

Le ultime rilevazioni dell’Osservatorio indicano che i tempi stanno cambiando e che approcci semplici e veloci lasciano il passo ad attività progettuali più importanti, come la modernizzazione applicativa (l’aggiornamento dell’infrastruttura, dell’architettura e delle funzioni delle applicazioni legacy) e la realizzazione di nuove applicazioni. Non a caso negli ultimi due anni è cresciuta la spesa per i servizi PaaS che, secondo l’Osservatorio, si “confermano la base per lo sviluppo e la modernizzazione delle applicazioni”.  

La crescita di IaaS e PaaS può trainare la cloud migration delle aziende italiane: alla strategia più comune, quella del repurchasing verso soluzioni SaaS, se ne sostituirebbero altre più sofisticate (replatforming e refactoring) in cui l’applicazione in uso non viene dismessa per fare spazio a una nuova soluzione, ma viene riscritta e riprogettata in ottica di migrazione verso il cloud, impattando quindi sulla sua architettura e sulcodice sorgente. 

 

Cloud transformation: non solo tecnologia  

Le sfide che attendono le aziende sono di ordine tecnologico, ma non solo. L’attenzione, infatti, va anche alla sostenibilità economica e ambientale, un tema che investe l’ecosistema cloud e i suoi stakeholder. Il cloud si sceglie come opzione per ridurre i costi, ma il costante arricchimento dei servizi, la logica multicloud e dinamiche meno inerenti alla tecnologia (come la posizione dominante di alcuni player, una crescita di richiesta nella fase emergenziale) possono portare la spesa a lievitare. Una pianificazione mirata dei bisogni è un primo, decisivo passo per evitare approvvigionamenti irrazionali, ma non possono mancare altre iniziative di ottimizzazione.  

Bisogna utilizzare al meglio gli strumenti esistenti (compresi quelli forniti dai provider stessi), automatizzare tutti i processi che portano a risparmiare sull’utilizzo di risorse (a scapito dei controlli manuali), evitare duplicazioni e ridondanze non necessarie. Per ottimizzare gli investimenti bisogna allineare tutti coloro che fanno uso dei servizi pay-as-you-go a buone prassi, in alcuni casi definite anche da specifici framework. Oltre a distribuire i costi, bisogna condividere responsabilità, informazioni e obiettivi di business chiari e tangibili, che risultano facilmente raggiungibili quando migliora il dialogo tra i diversi attori (business, IT, procurement) che hanno interesse a confrontarsi sul potenziale ritorno degli investimenti. 

Per quanto concerne la sostenibilità ambientale, il dato dell’Osservatorio da cui partire indica che solo il 14% delle organizzazioni end user italiane possiede attualmente una strategia IT green, attiva da tempo, mentre il 45% non prevede alcuna azione in tal senso. Una riflessione sulla sostenibilità del cloud è d’obbligo, in quanto tecnologia che si fonda “su infrastrutture energivore”.  

L’importanza di un cloud computing efficiente si impone a un livello più alto ed è una priorità che la UE stessa individua come essenziale. Le iniziative di sostenibilità non possono che partire, come indica Gartner, dai principali fornitori che sono al contempo “alcuni dei più grandi operatori di data center mondiali”.Tuttavia, afferma Gartner, “sebbene essenzialmente tutti i fornitori di servizi cloud abbiano in atto iniziative di sostenibilità, i loro progressi nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione del carbonio e delle strategie per raggiungere emissioni nette di carbonio a zero variano notevolmente”.  

Le aziende cosa possono fare? Spingere dal basso per chiedere ai grandi player di fare meglio per migliorare la loro proposizione in termini di sostenibilità, scegliere chi concretamente si impegna di più a favorire trasparenza, mettendola al centro non solo della comunicazione ma anche nero su bianco laddove possibile (nelle informative così come nei rapporti aziendali). In generale poi, ovviamente, le aziende possono investire in strumenti utili a misurare l’impronta di carbonio e, come detto, pianificare con estrema attenzione l’utilizzo di risorse cloud al fine di evitare ogni sovradimensionamento che fa male all’ambiente oltre che al budget. 

Il cambio di approccio in nome della sostenibilità economica e finanziaria non potrà che impattare sui provider che, secondo l’Osservatorio, saranno stimolati a proporre tecnologie più efficienti e servizi a valore aggiunto, e a sondare modelli di relazione e pricing “più trasparenti e collaborativi”. 

 

Cloud transformation: l’importanza degli aspetti organizzativi

Ogni cambiamento di lungo corso non può prescindere anche dagli aspetti legati all’organizzazione e, quindi, dalle competenze delle risorse aziendali, in particolare laddove l’impatto della cloud transformation spinge a riconfigurare IT security e data governance. Nel 2019, un’analisi rivelava che numerose professionalità erano scarsamente presenti nelle aziende, “con percentuali di diffusione sotto al 10%”: tra esse, ad esempio, il cloud architect, cioè colui che dovrebbe coordinare una strategia di cloud adoption e curarne la messa in pratica.  

Il rischio dell’assenza di persone con determinate competenze si può tradurre in un rallentamento della roadmap che spinge le aziende ad approcciare tecnologie più avanzate e capaci di trasformare realmente il business. Non solo: un livello di competenze non sufficiente può tradursi in occasioni perse di relazione e partnership con realtà più avanzate e diventare anche una fonte di rischio quando si tratta di gestire in maniera più integrata gli asset in una strategia ibrida. 

La presenza di un team dedicato può fare la differenza, ma siamo ancora nell’ordine dell’eccezione. In tutti i casi, è necessario lavorare per favorire l’acquisizione di competenze, anche attraverso partnership con consulenti e fornitori idonei. Sono diverse le opzioni per far crescere le skill dei dipendenti che utilizzeranno le risorse, dall’adozione di programmi formativi (meglio ancora se personalizzati) alla creazione di team di evangelist interni, nella logica del cloud enablement engine che può essere affidato a coloro che sono già preparati in materia. 

In quest’ottica, non è possibile sottovalutare l’apporto dei managed service provider, che hanno non solo gli strumenti per gestire l’infrastruttura IT dei rispettivi clienti, ma anche skill aggiornate sulle soluzioni tecnologiche e sui trend di settore. 

 

 

 

 

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